Tradizione olistica: prove scientifiche

Giuliana Ghiandelli Consulting- Studio Olistico

Tradizione olistica: prove scientifiche

Nella tradizione olistica, dal greco olos “tutto intero”, si deve intendere l’equilibrio di “corpo/mente/spirito”, quindi arrivare alla radice del problema della manifestazione della malattia. Le prove scientifiche sono relative alla: meditazione, visualizzazione, suono, Mantra. Un medico ayurvedico, certo Caraka, autore di trattati sulla medicina, farmacologia, chirurgia definisce la malattia: quando il benessere è perso, quindi un indebolimento della coscienza, che determina squilibrio, infelicità, malessere, desiderio di soddisfare i bisogni. Si deduce così che, il livello curativo più elevato, sta nell’eliminare la malattia prima che si manifesti. Per raggiungere questo obiettivo, si devono prendere in considerazione: stile di vita, l’ambiente che si frequenta, le condizioni psicologiche, le condizioni professionali; quindi cercare di eliminare tutti quei fattori negativi, che possono condurci alla malattia. Lo scopo dell’approccio olistico è quello di liberarci dai dolori e dalle sofferenze: per arrivare a ciò si deve fare molta attenzione alla mente e alle sue funzioni.o strumento per eccellenza, che è stato descritto da millenni nella radizione Yoga e Vedanta, è l’uso della meditazione e della preghiera in particolare. A questo proposito, alcuni studi hanno dimostrato, come l’uso della meditazione e della preghiera, possono modificare la struttura del cervello, come appare in un articolo sul quotidiano “Repubblica” del 29.1.2006: negli Usa: dicono come l’area cerebrale diventa più grande. Normalmente queste zone, con l’età, tendono a ridursi. Meditare rafforza il cervello, ecco così i segreti della mente. È un esercizio utile contro lo stress. Le onde gamma fanno invecchiare meglio e riducono il rischio di malattie. L’articolo parla in questo modo: meditare fa bene al cervello ed aumenta le capacità intellettive. Le definizioni della meditazione sono tante, perché diverse sono le meditazioni, ma una cosa che le accomuna c’è ed è arrivata dalla ricerca scientifica. La scoperta viene da un gruppo di ricercatori, della Harvard Medical School di Yale e del Massachusetts Institute of Technology. La gente che medita vede crescere il proprio cervello, un fenomeno che non succede a chi non medita. Scannerizzando il cervello, i ricercatori hanno osservato che le parti che aumentano in spessore sono quelle addette all’attenzione e ai processi sensoriali che arrivano dall’esterno. All’interno della materia grigia poi, lo spessore aumenta maggiormente nelle persone adulte rispetto a quelle più giovani. Particolare interessante in quanto, i ricercatori sostengono, di solito, che questa sezione del cervello umano normalmente si rimpicciolisce con l’età. Per meglio dire: è come se nelle persone anziane, la meditazione fosse in grado di fare tornare attive, quelle parti del cervello, che lo sono soprattutto in tenera età. I ricercatori spiegano, che i loro dati sostengono, che la pratica della meditazione, conferisce non solo l’aumento della materia grigia, ma anche elasticità alla corteccia cerebrale degli adulti in aree importanti per l’apprendimento, i processi emotivi e lo fa stare bene. Dicono, inoltre, che altre ricerche hanno dimostrato che la meditazione ispessisce le aree del cervello di chi pratica musica, di chi impara molte lingue. I ricercatori sono arrivati a queste conclusioni, dopo avere scannerizzato il cervello di 20 persone, alcune delle quali facevano meditazione da alcuni decenni, altre da un solo anno e lo hanno confrontato con 15 persone che non avevano mai praticato la meditazione. Per misurare il livello di meditazione che i partecipanti erano in grado di raggiungere, veniva chiesto loro, durante la scannerizzazione del cervello, di provare a meditare solo su quanto capitava attorno ad essi durante l’analisi, senza utilizzare particolari metodi di Mantra o meglio di non usare quei suoni che emessi, come afferma la tradizione buddista, sono in grado di liberare la mente dai pensieri. I partecipanti, se avessero sentito un rumore avrebbero dovuto ascoltarlo piuttosto che pensare ad altro, bensì concentrarsi e pensare proprio a quel rumore. Se non succedeva nulla, dovevano porre attenzione solo al loro respiro, quindi non elaborare pensieri. Questa fase di studio durava circa 40 minuti, durante i quali la profondità della meditazione, veniva misurata attraverso il rallentamento del respiro. A quelle persone, invece, che non praticavano la meditazione, veniva chiesto di abbandonarsi ai loro pensieri come facevano quando si rilassavano. Usando questa base comune, i ricercatori hanno concluso che l’aumento della materia grigia per chi fa meditazione, va dagli 8 ai 16 millesimi di centimetro, in rapporto a quanto tempo trascorre durante la sua vita a meditare. Questo sta a significare che l’aumento della materia grigia, non dipende unicamente dalla meditazione in sé, ma anche da quanto tempo si trascorre in meditazione e di quanto è profonda.